Archivio mensile:gennaio 2014

Siti amici, perché?

Questi sono siti amici di amici. Perché hanno creduto in me, mi hanno incoraggiata e data fiducia. Marco e Maura mi hanno accolto e dato ospitalità nel loro ricchissimo http://www.sitin.ch/ che val bene una visita. Vi troverete natura,  scuola, racconti, arte e persino un emporio. 

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Alan è un talent scout. Anni fa trovò delle mie riflessioni vagando in rete e mi contattò. Da allora abbiamo collaborato, anche se saltuariamente. E’ tenace, Alan. Ho visto crescere il suo Ideale negli anni, senza mai perdere appunto l’ideale che lo anima. Anche lui ha sempre la casa aperta.

http://www.lideale.info/index.php

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 Gerardo, alias Indio, è un creativo, anzi un cre-attivo. Dategli una parola e farà scintille. E’ il prestigiatore delle parole. Una parola un’idea. Due parole e due idee  invece si moltiplicano all’infinito e il risultato sarà una cifra astronomica.  Bisogna stare molto attenti ad usare le parole con Gerardo…

http://www.angolob.net/

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La Sindrome del Cagnolino

La sindrome è una malattia o non lo è?  Di solito è un insieme di sintomi, quindi se è una malattia è difficilmente diagnosticabile e spesso difficilmente curabile. Questa parola è stata adottata nei casi più strani, che ben poco hanno a vedere con la medicina. Pensiamo alla sindrome di Stoccolma, alla sindrome cinese, ricordate il film, o alla romantica sindrome di Stendhal.

Non so se la sindrome del cagnolino sia catalogata come tale, ma proverò a descriverla. Avete presente quei cani piccoli, proprio brutti poveretti, che non potrebbero mai essere scritturati per fare la pubblicità alla carta igienica? A volte sono randagi, spesso si accompagnano a padroni più miserevoli di loro, sempre attirano antipatia. Il piccolo pechinese col nastrino, accompagnato da una signora con capelli giallo stoppa, mal truccata, che indossa una vecchia pelliccia. Il barboncino tosato come un pupazzo di cattivo gusto come quelli che si vincono al luna park, e così via.

La sindrome del cagnolino è semplicemente la voglia di prenderlo a calci.

Pensate invece al sentimento di timore che incutono i cani lupo per non parlare dei Rottweiler, dei doberman o dei pittbull.

Nessuna sindrome in quei casi, solo fifa nera.

Ma non è argomento su cui scherzare.

Quante volte sentiamo di un povero barbone picchiato, se non ucciso, da giovinastri cattivi e vigliacchi. Questi figuri evidentemente soffrono di una forma devastante della sindrome del cagnolino, aggravata dal fatto di essere in un branco.

Se allarghiamo ulteriormente il concetto, se un individuo vile si unisce ad altri individui vili in tempi in cui sono permesse le peggiori nefandezze nel nome di falsi ideali, allora vedremo che il male che si può fare non ha fine. Se poi questi esseri sono guidati da altri individui ancora più cattivi ma intelligenti, ecco il disastro totale.

I genocidi, gli stermini, le pulizie etniche, cominciano sempre così:  esseri vigliacchi che infieriscono su creature indifese, più deboli, disarmate. Non è mai uno scontro onesto, ad armi pari, come potevano fare gli Orazi e i Curiazi.

Possiamo fare qualcosa contro questo male?

Non so, forse cercare di stroncarlo sul nascere, quando i danni sono ancora rimediabili.

Forse non sottovalutare i sintomi, se li sentiamo in noi o li riscontriamo in persone che conosciamo.

Non facciamo finta di non vedere.

E soprattutto ricordiamo, ricordiamo, ricordiamo.

A. C.

“Sometimes we must interfere.  When human lives are endangered, when human dignity is in  jeopardy, national borders and sensitivities become irrelevant.  Whenever men or women are persecuted because of their race, religion, or political views, that place must – at that moment – become the center of the universe.” 

Elie Wiesel , premio Nobel per la letteratura.

Che Libro Mi Consigli?

Qualche tempo fa avevo chiesto alla mia amica Daniela, quella che mi regala libri interessanti, di darmi alcuni consigli di lettura. Credevo – erroneamente – di avere più tempo a disposizione per leggere.

Ecco quanto mi ha scritto, e la mia risposta.

Cara Anna C.,

ti invio qualche suggerimento per le letture.

Per la poesia, ti consiglierei Ingeborg Bachmann (potresti anche dare uno sguardo a Paul Celan, e al loro epistolario) e Forugh Farrokhzad (iraniana). Non puoi mancare di leggere “Lettere di compleanno” di Ted Hughes (uno dei libri migliori che abbia letto). Scaténati in inglese…Beh, già che sei ardita, puoi anche leggere Anne Sexton (“concreta, come una pentola di ghisa”). Cavoli, scordavo Antonia Pozzi.

Mi è molto piaciuto “Memorie intime” di Simenon. Da rivalutare anche i suoi romanzi (che però risultano come un coltello nella carne, tipo “L’uomo che vedeva passare i treni”, o “Il cappellaio” – vado a memoria, ma ce ne sono a decine).

Irène Némirowski. Per me triste, ma forse è il tuo tipo…

Benedetta Tobagi  “Come mi batte forte il tuo cuore”, anche per ri-andare agli anni di piombo.

Peter May “ L’isola dei cacciatori di uccelli”, un giallo, ma interessante l’ambientazione sull’isola di Lewis.

Tutto Michael Morpurgo va bene (anche per le nipoti, magari tra qualche anno).

Se non hai letto la trilogia di Stieg  Larsson, te la consiglio, specialmente il primo. “Uomini che odiano le donne”

Alla tua età è ora di darsi anche al fumetto (non scuotere la testa, piaceranno anche a tuo marito): meraviglioso “Maus” di Art Spiegelmann e non male “Persepolis” di Marjane Satrapi.

Per te che sei andata in Turchia, non male anche Jason Goodwin (devo avertene già parlato) che ha creato l’ispettore Yashim “L’albero dei giannizzeri” e altri.

Se vuoi riandare alla crudeltà umana, rileggi “Pinocchio”. Terribile.

Guarda che anche Harry Potter non è affatto male… leggere per credere.

Conoscerai senz’altro Marek Halter , tra cui “Il cabalista di Praga”.

Per te: Hetty Hillesum “Diari”.

Manuela Dviri “La Guerra negli occhi”. Da seguire il blog “Israel day by day”, ma da mesi non ha scritto, a parte per la morte di Sharon. Comunque si possono leggere i testi degli anni precedenti, sempre interessanti.

http://manueladviri-telaviv.blogspot.ch/

Ah, certo non hai la passione per la fantascienza, ma “Blade runner” (in italiano “Gli androidi sognano pecore elettriche?” o roba simile) è molto bello, Philip K. Dick era folle. Chi siamo? Si chiede in tutti i suoi libri e racconti.

Haim Baharier, tra cui “La genesi spiegata da mia figlia” (tiene anche corsi a Milano).

Non vorrai perderti “Pippi calzelunghe”, di Astrid Lindgren?

Ed ecco la mia risposta:

Carissima,

Ma come fai a ricordarti tutti i titoli? Bravissima!

Conosco la Némirowski, mi è piaciuto soprattutto Suite Française, bellissimo, miseria e nobiltà, che povere creature siamo.

Sì, Ted Hughes, anche quello un tuo dono, ha il potere di mettere in poesia le cose più semplici. Non trovo più il libro, me lo deve aver portato via uno dei figli. Meglio così.

Abbiamo i vari Harry Potter in casa, i ragazzi se li sono mangiati. Non so se avrò il coraggio di affrontarli, da ragazza li avrei divorati anch’io.

Non ho mai amato Pinocchio, forse, perché, come dici tu, è crudele. Non so…

Due estati fa ho letto Stieg Larsson, tre libri in tre settimane, mi ero trasferita in Svezia.. La frase che m è piaciuta di più:”Lisbeth non va mai contro la legge di Dio”.   Povero Stieg Larsson, peccato che sia morto così giovane, avrebbe potuto regalarci altre avventure..

Non conosco né Peter May, né Jason Goodwin, sembrano interessanti, e poi se lo dici tu..

Marek Halter ha anche scritto un libro sui Kazari, e adesso uno su Birobidjan. Mi interessa, ebreo, storico.

Maus me l’hai regalato tu, davvero speciale. Persepoli dovrebbe essere in casa, devo chiedere alle figlie. Ne hanno parlato molto.

Haim Bahrahier  me l’hai dato tu, l’ho sul comodino. Poi lo sento ogni tanto alla radio, a Uomini e Profeti. Anche Etty Hillesum e Ingeborg Bachmann le ho conosciute nello stesso modo. Devo andare a risentire le trasmissioni. Che donne. Dovrei anche leggere Simone Weil… Quante cose dovrei fare…

http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-d154109c-252e-439e-8c7b-d413a2296f14.html 

 

http://www.radio.rai.it/radio3/uomini_profeti/view.cfm?Q_EV_ID=119160

Ingeborg Bachmann

Anche Anne Sexton l’ho conosciuta per tuo tramite, avevo trovato una bellissima poesia che avevo passato a una figlia. 

Come vedi sei davvero una maestra, born to be a teacher.  Sei tu che mi hai avvicinato alla poesia.

Morpurgo è bravissimo. Ho ascoltato una sua intervista alla BBC. L’anno scorso abbiamo visto War Horse a scuola e una scolara mi aveva prestato dei suoi libri.

http://www.michaelmorpurgo.com/

Ebbene sì, confesso, non ho mai letto Simenon. Sono rimasta ai Maigret di Cervi e Kremer.

Quanto a Lunchbox sembra davvero un bel film. Mi piacciono tutti quei film che aiutano a demolire i pregiudizi. Hai visto Marigold Hotel?

http://www.youtube.com/watch?v=xwYN-XS92yY

Mi hanno detto anche che Filomena è da vedere, ma come fa Judy Dench a lavorare tanto? E’ instancabile!

Manuela Dviri mi è molto simpatica. È un’israeliana che odia la guerra, e ci credo, perché ha perso un figlio in uno dei tanti conflitti, poveretta!

Mi spiace,  la fantascienza proprio non è la mia tazza di teé. Non so perché, credo  risalga all’infanzia, quando ero terrorizzata dai marziani, dai dischi volanti, dall’eternità e dalla fine del mondo.

Mi spiace per tutti gli impegni della scuola. Tu certo non ti annoieresti con qualche riunione in meno. A me piaceva andare ai corsi di aggiornamento, ma arriva un momento in cui si è semplicemente saturi. Non perché si sappia tutto, ma il troppo è troppo, e poi non si può buttare via tutto quello che si è costruito. Ognuno di noi segue un suo percorso e cerca di migliorarlo, forse servirebbe di più andare al cinema, leggere un libro, incontrare amici. Tutto ciò che può chiamarsi “personal development” aiuta e torna anche nel tuo insegnamento.

E non preoccuparti se non sei nello stato d’animo giusto per scrivere, capita a tutti. L’importante è esserci. Ho avuto anch’io un periodo di apatia.

Grazie ancora di tutto.

Chiedo Scusa, se pubblico una poesia non mia.

La mia amica Daniela mi regala sempre libri speciali,  perché lei é una persona speciale..

L’anno scorso mi ha regalato le poesie di Wislawa Szymborska , che nome difficile! Ma le sue poesie sono bellissime. Non sono da commentare, sono solo da leggere e magari ascoltare.

Eccone una,  nella quale mi sento a casa:

Sotto una piccola stella –

Chiedo scusa al caso se lo chiamo necessità.
Chiedo scusa alla necessità se tuttavia mi sbaglio.
Non si arrabbi la felicità se la prendo per mia.
Mi perdonino i morti se ardono appena nella mia memoria.
Chiedo scusa al tempo per tutto il mondo che mi sfugge a ogni istante.
Chiedo scusa al vecchio amore se do la precedenza al nuovo.
Perdonatemi, guerre lontane, se porto fiori a casa.
Perdonatemi, ferite aperte, se mi pungo un dito.
Chiedo scusa a chi grida dagli abissi per il disco col minuetto.
Chiedo scusa alla gente nelle stazioni se dormo alle cinque del mattino.
Perdonami, speranza braccata, se a volte rido.
Perdonatemi, deserti, se non corro con un cucchiaio d’acqua.
E tu, falcone, da anni lo stesso, nella stessa gabbia,
immobile con lo sguardo fisso sempre nello stesso punto,
assolvimi, anche se tu fossi un uccello impagliato.
Chiedo scusa all’albero abbattuto per le quattro gambe del tavolo.
Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte.
Verità, non prestarmi troppa attenzione.
Serietà, sii magnanima con me.
Sopporta, mistero dell’esistenza, se strappo fili dal tuo strascico.
Non accusarmi, anima, se ti possiedo di rado.
Chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque.
Chiedo scusa a tutti se non so essere ognuno e ognuna.
So che finché vivo niente mi giustifica,
perché io stessa mi sono d’ostacolo.
Non avermene, lingua, se prendo in prestito parole patetiche,
e poi fatico per farle sembrare leggere.

E se qualcuno vuole farsi un regalo:

Nero e Bianco al Cinema

Un paio di anni fa ho letto per caso un bel libro, The Help, di Kathryn Stockett. I libri, come i film, piacciono o non piacciono. Poi si possono trovare tante cose da dire su di esso, ma l’importante è che un libro si faccia leggere con interesse fino alla fine e ti lasci qualcosa dopo che l’hai chiuso: delle curiosità, il rimpianto che sua finito,  un punto di vista diverso, la voglia di leggerne un altro dello stesso autore. Quando è uscito il film ho portato un’amica, che non aveva letto il libro, a vederlo. Anche il film ci è piaciuto molto e, una volta uscite, abbiamo continuato a parlarne.  Volti e scene del film ci ritornavano in mente e ci facevano riflettere. Anche questo è un ottimo risultato per una pellicola. D’accordo con una collega l’ho anche fatto vedere a scuola.

Ecco che adesso, durante le vacanze di Natale c’è questo nuovo film, The Butler. Il protagonista è il bravissimo Forest Whitaker. Come ci si affeziona ai bravi attori! Come non amarlo, con quella sua faccia da buono, con quel suo sorriso leggermente triste. Anche questo un gran bel film.

Anche qui si  racconta della vita dei domestici neri, anzi di un maggiordomo nero, il maggiordomo di otto presidenti americani. Opera ambiziosa, che non delude. Un altro film da far vedere a scuola, uno spaccato di storia americana della seconda metà del novecento. Ma non sono qui a farne la recensione, ci sono i critici professionisti per quello. Volevo solo riflettere su questi due mondi così vicini e così separati. Sulle doppie vite di queste persone, che spesso sono considerate solo parti dell’arredamento, così pulite, lucide, perfette. Costrette da sempre a nascondere emozioni e sentimenti.  A volte perfino disprezzate dai loro stessi famigliari. Mi ha molto colpito l’intervento di Martin Luther King – sì, proprio lui, è un personaggio del film, che difende il ruolo che i domestici hanno avuto nell’integrazione fra bianchi e neri. Sono stati l’anello di congiunzione, il primo passaggio dalla schiavitù alla prima forma di emancipazione, da house slave a house boy, a house maid.  Ricordate la donna nera di Via col Vento? Volevo solo riflettere sul fatto che l’emancipazione è stata un processo lungo e doloroso, le cui sofferenze sono ben lungi dall’essere finite. Volevo solo riflettere. Qui di seguito riporto alcuni spezzoni di dialoghi dal film The Help:

http://www.imdb.com/title/tt1454029/quotes

Minny Jackson: Eat my shit                                                                                                                                              Hilly Holbrook: Excuse me!                                                                                                                                Minny Jackson: I said eat… my… shit.                                                                                                              Hilly Holbrook: Have you lost your mind?                                                                                                  Minny Jackson: No, ma’am but you is about to. ‘Cause you just did.            

 Woman: What does it feel like to raise a white child when your own child’s at home being looked after by somebody else?

Aibileen Clark: God says we need to love our enemies. It hard to do. But it can start by telling the truth. No one had ever asked me what it feel like to be me. Once I told the truth about that, I felt free. 

E  qui c’è un bell’articolo in cui si trovano collegamenti fra The Butler e alcuni libri di Philp Roth: 

http://www.newyorker.com/online/blogs/movies/2013/08/the-butler-and-philip-roth.html

http://www.youtube.com/watch?v=52UYjEs72tw

Campanilismo e vittimismo, altre gran brutte parole.

Non ho ancora visto il film “Il Capitale Umano” di Virzì. Appena arriverà nelle sale ticinesi andrò a vederlo.  Non capisco tuttavia la gran polemica che si è creata intorno a questa pellicola. Ho visto commenti su facebook, più offesi dall’Amaca di Michele Serra, che dal film stesso.

Non capisco quest’orgoglio brianzolo offeso. La Brianza è un posto come un altro, chi vi è nato non ha né merito né demerito per essere stato portato lì dalla cicogna. Nessuno sceglie dove nascere, ma sembra che in questi tempi di razzismo facile tutti se ne dimentichino.

Ho letto l’Amaca. Non mi sembra che ci sia niente di offensivo.

Da sempre sui giornali tutti parlano male di tutto. E nelle osterie? E’ ben peggio, lì il turpiloquio regna sovrano. E nelle versioni moderne e deteriori del  bar sport o dell’ osteria del porto, da facebook a twitter, a youtube, si legge, si vede e si ascolta anche più del peggio e del meglio.  L’Amaca di Serra non contiene volgarità.

Restano tuttavia alcuni fatti.

  • Le tradizioni e la cultura sono da sempre legate ai luoghi e si sono sviluppate in quelle regioni per motivi storici, geografici, ambientali e climatici. Porta uno sherpa tibetano in Arabia e puoi causarne la morte.  Ma a quale cultura appartiene il bambino nato in Africa e cresciuto in Brianza? E ce ne sono molti, varrebbe la pena ricordarlo..
  • La speculazione edilizia e lo sfruttamento selvaggio del territorio. Purtroppo nessuno è esente, né al nord né al sud. Ma chi lo ha permesso? Quale legge, quali amministratori?
  • Le regioni privilegiate dal boom economico sono anche le prime vittime della crisi:  i capannoni cresciuti come funghi  spesso vengono abbandonati e rimangono lì come fantasmi.

Io sono nata in Valtellina. È bellissima la Valtellina, con le sue montagne, con i suoi terrazzamenti, ma ogni volta che ci torno piango. Piango per il fondovalle invaso dai capannoni, piango per lo sfruttamento selvaggio delle rocce e delle acque, piango per lo stato penoso dei treni, per l’eccessivo traffico automobilistico, per i troppi supermercati..

Non mi sarei offesa se Michele Serra avesse detto le stesse cose sulla Valtellina.  Lo stesso Ermanno Olmi, in un’intervista introduttiva al suo bel film documentario Le Rupi del Vino,  aveva espresso la sua perplessità. Certo, aveva detto, i vigneti e i terrazzamenti sono bellissimi, ma il fondovalle? Da gran maestro qual è, nel suo film è riuscito a non evidenziare mai il fondovalle grigio di capannoni e non più verde come lo ricordo io.

Vivo a Lugano e piango quando vedo lo skyline di questa bella cittadina costellato da gru sempre più alte, sempre più alte.

Perché non riflettere sulla critica e cercare di migliorare le cose?

Non offendiamoci, piuttosto prendiamola sul ridere, anche se c’è ben poco da ridere.

http://giacomosalerno.com/2014/01/09/lamaca-del-9-gennaio-2014-michele-serra/

http://www.imdb.com/title/tt1525583/

 

 

Un blog, perché?

Così ho deciso anch’io di aprire un blog. Non è proprio un’idea originale, mi sembra che tutti adesso scrivano, ma chi legge? Io, a dir la verità, leggo ancora, soprattutto libri, e tendo a parlare dei libri che ho letto, perché noi siamo anche i libri che abbiamo letto, così come siamo la vita che abbiamo vissuto, il cibo che abbiamo mangiato e ciò che abbiamo visto. Mi piace anche andare al cinema, ma non potrò mai parlare seriamente di cinema perché ci sono dei generi di film che proprio non posso vedere. I film violenti, i film tristi, i western, i film di avventura, horror e fantascienza. Cosa rimane? Beh, le commedie, possibilmente inglesi, i film di Woody Allen, certi film francesi, delicati, come Émotifs Anonymes, qualcuno lo conosce?

http://www.imdb.com/title/tt1565958

http://www.youtube.com/watch?v=kKKBspma4bA

Oppure come l’ultimo che abbiamo visto, Still Life, che tratta con grande garbo di un argomento doloroso, come ritrovare i parenti di persone morte in totale solitudine. Pietas, discrezione, humour  e rispetto, cose d’altri tempi.

http://www.mymovies.it/film/2013/stilllife .

Solo per citarne due a caso.

Scriverò, come ho sempre fatto, di ciò che mi diverte, preoccupa o rattrista, perché scrivere aiuta a capire. Per scrivere devo fermarmi, cercare le parole e metterle in ordine. Poi forse qualcosa succederà, forse ci sarà un seguito, forse i pensieri troveranno pace, come certi fantasmi che vagano disperati finché qualcuno li accoglie e li capisce. O forse il cerchio lasciato dal sassolino nel lago si allargherà, lasciamoci sorprendere.

E tu, che cosa collezioni?

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Dimmi che cosa collezioni e ti dirò chi sei. Raccogli farfalle? Sei un amante della natura e dei colori, oltre ad essere un inguaribile romantico, un po’ rétro. Francobolli? Sogni di viaggiare o ti piace ricevere posta e hai la vista buona.  Scarpe? Attenzione, la cosa potrebbe non essere così innocente,  vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Retifismo.

Cartoline? Non hai molta fantasia.  Cartoline di luoghi turistici? Ancora meno.  Monete antiche o moderne?  Uno strano rapporto col denaro, sindrome di Paperone.  Armi? Lasciamo perdere,  meglio allora i soldatini di piombo.  Trofei di caccia? Persona tronfia, pomposa e colonialista, da evitare assolutamente.

Si potrebbe proseguire, andando sul macabro o sul morboso. Anche il serial killer è un collezionista, aiuto. Non c’è limite al collezionabile.

Come tutte le attività umane anche il collezionismo può essere una chiave per interpretare la personalità.  Facciamo un piccolo esercizio mentale, cerchiamo fra i nostri amici i collezionisti. Sono tanti? Hanno qualcosa in comune? E noi, andiamo più d’accordo con chi raccoglie o con chi butta?

Io non sono una vera collezionista, ma tendo a tesaurizzare. Ho cominciato alcune raccolte per caso, matrioske russe, di vari formati i colori, teiere inglesi di peltro, bocce di vetro che quando si agitano si vede la neve dentro, piccoli porcospini. Cose senza particolare valore, raccolte iniziate, aperte. La collezione, infatti, è per sua natura infinita. Se è completa, non è più una collezione.  E’ come essere il primo della classe, non hai più nessuno da superare..

Il bello di queste piccole raccolte può essere il piacere della scoperta, del ritrovamento. Nella nostra cucina abbiamo cominciato ad attaccare i piccoli adesivi che troviamo sulla frutta, ormai è diventato un gioco, cui partecipano tutti i membri della famiglia, molto seriamente.

Alcuni oggetti si cominciano a raccogliere con grande passione, poi, pian piano l’entusiasmo scema finché vengono dimenticati, per poi essere ritrovati anni dopo, in occasione di un trasloco o di una radicale trasformazione della casa, quando la loro riscoperta provoca di solito una gran gioia, come il ritrovamento di un vero e proprio tesoro. E’ stato così con piccole scatoline di metallo che raccoglievo per mia figlia, i soldatini di metallo che trovavo negli ovetti kinder trent’anni fa, o le gomme colorate di varie forme che mi divertivo a comprare per la bimba più piccola. Quand’ero bambina mi piaceva raccogliere i vari pennini usati allora che inserivamo in una cannuccia e intingevamo nel calamaio, chissà dove sono andati a finire?

E poi ci sono le collezioni mentali, quand’ero piccola collezionavo nomi di medicine e case farmaceutiche, nomi e marche di automobili, per poi passare ai nomi dei fiori e dei funghi.

Sono tutti lì, dentro la mia testa..

Cosa vuol dire tutto questo? Che siamo animisti, che diamo un’anima a tutto ciò che tocchiamo? Che ci affezioniamo e “addomestichiamo” gli oggetti che circondano, come il Piccolo Principe con la sua volpe?

Non so. Pensiamo a come ci commuove scoprire un giocattolo in una tomba egizia, romana o etrusca, a quanto ci raccontano gli oggetti trovati nei siti archeologici, al valore simbolico e affettivo che diamo alle penne di uno scrittore o alle pipe del nonno.  Di certo l’eremita, colui che si spoglia di tutto, lascia poco dietro di sé, vive solo e muore solo.

No, non sentiamoci in colpa per questi innocenti capricci, se possono recare gioia a noi o a chi ci sta vicino, ci possono aiutare a ricordare o a non dimenticare, a ritrovare il senso del gioco, a stimolare interessi e curiosità, insomma a vivere meglio e con allegria.

P.S. Tratto dei lati più oscuri della mania di accumulare nell’articolo sulla Disposofobia .

Gran brutta parola la Disposofobia.

 

Eppure la nostra è una bella lingua. Perché quando si coniano parole nuove non si usa un po’ di fantasia?

Cos’è questa disposofobia che non si riesce nemmeno a pronunciare? Gran brutta cosa si direbbe, a sentirla.   E’ la traduzione italiana dell’espressione “compulsive hoarding” che è la mania di accumulare, tutto, dal piatto rotto alla calza bucata, dal cadavere dell’animale domestico alla crosta di formaggio.

La disposofobia è una nuova malattia mentale. E’ un disturbo  comune, anche se non sempre in forme così estreme. Sembra che colpisca di più le persone anziane perché spesso si fanno le scoperte più incredibili dopo che muore un vecchio che abitava solo.   Dei nostri amici hanno acquistato, dopo la scomparsa del proprietario, una casetta che confinava con la loro. Era letteralmente piena di legna da ardere. Tuttavia questo poveretto non accendeva mai il fuoco, per fortuna sua e dei vicini.  E’ chiaro che queste persone rappresentano un potenziale rischio per la comunità.  Infezioni, incendi, invasioni di parassiti.

I miei genitori  pur senza essere degli “accumulatori” patologici,  avevano vissuto la guerra ed erano cresciuti in tempi in cui si riutilizzava tutto, si risvoltavano i cappotti e si aggiustavano le pentole. Mia mamma diceva, mai buttare via gli oggetti in  pelle, o pezze di lana buona, non si sa mai. Raccontava sempre che in tempo di guerra era riuscita a fare delle pantofole per tutta la famiglia con una pelle di gazzella portata dall’Africa dallo zio marinaio.  Il papà invece collezionava minerali e faceva incetta, in questo caso il termine è appropriato, di scatole e contenitori per riporre i suoi preziosi esemplari. Gettonatissime erano le prime scatolette di plastica trasparenti, quelle delle mutande, o delle camicie, per intendersi.  Quando, dopo la loro scomparsa, ho dovuto svuotare la grande casa di famiglia, ho riempito sacchi e sacchi con vecchi pezzi di stoffa “buona”, con le scatole vuote per i suoi minerali, vecchi tappeti lisi e consumati, oggetti ritrovati in cantina e solaio, che alla mamma piaceva tanto scoprire. Lei sapeva ridar vita a vecchie cose dimenticate, e l’antiquariato era la sua passione. I miei avevano delle passioni, non delle manie. Si affezionavano alle cose così come ai loro simili.

Bisogna stare attenti a vedere il patologico dappertutto. Perché Zio Paperone non è considerato matto? Perché lui accumula denaro. E il denaro non puzza e non fa schifo. E a zio Paperone  piace contare i soldi nella sua casa piena di monete d’oro. Non a caso le banche una volta in inglese si chiamavano anche  “Counting Houses”. Bel nome, rende l’idea.

C’è uno scrittore americano, E. L. Doctorow, che ha raccontato in chiave filosofica la storia di due fratelli newyorkesi,  morti nel 1947 sotto tutto ciò che erano andati  accumulando durante la loro vita. Si è ispirato alla storia vera dei fratelli Collyer, diventati celebri, loro malgrado, proprio per questa loro peculiarità.  Erano persone eccentriche, diverse, ma perché? Nel loro caso la creatività si esprimeva con l’accumulo. Accumulare tutti i giornali per arrivare a crearne uno solo, tanto le notizie che contano sono sempre le stesse. Portare in sala da pranzo la Ford di famiglia per scaldare la casa o produrre energia. Non  acquistare il cibo ma raccoglierlo – dove esattamente non si sa. Perché buttare via, quando tutto serve ed è così bello raccogliere?  Uno dei due fratelli, Langley, usciva la sera per ritornare a tarda notte, dopo essere andato in giro per la città a raccattare di tutto. La ribellione di Homer & Langley, i protagonisti del romanzo,  ha a che fare con la libertà stessa dell’uomo.  L’uomo di città non può fare l’eremita, diventa appunto “incivile”.  Sono generosi e ospitali i due fratelli, accolgono non solo le cose ma anche le persone, l’occasionale barbone,  il gangster in cerca di un nascondiglio, lo studente squattrinato.  Homer è il fratello cieco, Langley ha partecipato alla prima guerra mondiale e ne è tornato sofferente, dopo aver inalato i tremendi gas. Si fa carico del fratello, lo vuole proteggere ad ogni costo ed escogita di tutto per aiutarlo a vivere una vita normale, ammesso che si possa usare la parola normale.. Che bisogno c’è della luce elettrica se Homer è cieco? Però studia e va in cerca di rimedi speciali, per curare la sua cecità.

Ecco, io penso che dietro ad ogni notizia di vecchietto ritrovato morto nell’ammasso di oggetti sporchi, inutili, rotti e dimenticati, si celi la storia di un artista, di una persona buona, che,  essendo forse stata rifiutata dai suoi simili, abbia trasferito tutto il suo affetto su questi oggetti, apparentemente senza valore. Ricordo un’anziana signora sola che mi disse di non volere spostarsi da casa sua perché lì ogni cosa le parlava.

Guardiamo nei nostri di cassetti, di armadi. Chi di noi ha il coraggio di buttare il vecchio giocattolo, i primi lavoretti  dei bambini, il bigliettino del compleanno, la zuccheriera brutta “ma ci sono così affezionata”?  Si salvano le coppie in cui uno accumula e l’altro butta. Mio marito quando si compra un paio di scarpe nuove mette quelle vecchie nel cassone, e ha solo un quarto di armadio. Ma in un cassetto tiene i suoi primi bavaglini, da lattante, ricamati a mano da una zia. Io ho ancora le scarpe di quando mi sono sposata, di pelle scamosciata bianca, così morbide, ma che non ho mai più indossato,  speravo che andassero bene ad una delle mie figlie, non si sa mai…  Ma le mie figlie portano il quaranta di scarpe, io il trentasette.


Homer & Langley,    Doctorow Edgar L.,  2011, Mondadori

http://en.wikipedia.org/wiki/Compulsive_hoarding

http://it.wikipedia.org/wiki/Fratelli_Collyer

http://en.wikipedia.org/wiki/Collyer_brothers